Attendibilità delle fonti e qualità della conoscenza sulla rete
Fino a che punto quello che leggiamo sul web è attendibile? Una volta, neanche troppo tempo fa, la frase “lo ha detto la televisione” veniva spesa come pegno di attendibilità di una informazione. Oggi la rete tende a prendere il suo posto (si pensi all’utilizzo dei social media nel gioco di specchi tra politica e sistema informativo) e, pur essendo lontana dalla credibilità a cui arrivò la televisione nella sua fase di massimo successo, rappresenta la fonte a cui rivolgersi per le questione pratiche come per le notizie più diverse. Questo stesso articolo si basa su molte fonti tratte dal web, la cui unica, parziale garanzia di attendibilità nasce dal controllo incrociato. Il che equivale a dire che è buona norma interrogarsi criticamente su quanto sia vero ciò che la rete propone.
Facile a dirsi e difficile a farsi: dubitare costa più fatica che credere e inoltre l’ambito a cui applicare il dubbio metodico è così esteso che tende a sfuggire a qualsiasi indagine sistematica. La questione dell’attendibilità delle fonti è sempre esistita e non ha riguardato solo complicate questioni accademiche: uno dei più celebri documenti apocrifi del mondo, noto come Donazione o Editto di Costantino,[1] ha determinato una parte rilevante della storia dal VIII al XIX secolo e oltre, lasciando un segno indelebile nei destini di innumerevoli persone. Quando si dice una balla ben raccontata…
Tornando al web, se appena si prova ad approfondire il tema dell’attendibilità ci si trova di fronte a una infinità di temi, sommariamente riconducibili a due grandi categorie: i documenti (testuali e non) prodotti dagli esseri umani, che possono distorcere la realtà in modo più o meno volontario, e quelli elaborati dalle macchine in base ad algoritmi, esposti a notevoli rischi di fraintendimento e “stagnazione” del sapere, come vedremo in seguito.
La prima di queste categorie porta con sé quesiti del tipo Come distinguere sulla rete le informazioni affidabili da quelle addomesticate per interessi di parte? Come sapere quando gli argomenti trattati sono reali o se si tratta di pure e semplici invenzioni realizzate da qualche buontempone? La seconda prospetta dilemmi degni di un racconto di Philip Dick: Le voci che leggiamo sui vari siti wiki sono scritte da uomini o da robot? Le traduzioni che offrono i robot linguistici sono affidabili? Per chi vuole ampliare ancora un po’ l’orizzonte è anche lecito domandarsi quali sono le implicazioni che derivano dall’affidare l’elaborazione di informazioni a macchine che non ne possono comprendere il senso.
Tuttavia occorre porre dei limiti a questa indagine e accettare di trattarne aspetti parziali che provano a fotografare la complessità con cui la rete ci impone di fare i conti. Qualche esempio, pur circoscritto, può rendere l’idea di come la ricerca del vero (lasciamo pure perdere il bello) sia oggi più che mai affare difficile.
Esempio 1: Wikipedia e gli hoaxes:
Il punto di partenza di questa strana moda ha probabilmente a che fare con la voglia di stupire ma in alcuni casi è lecito parlare di vera e propria disinformazione.
Qualche tempo fa Marta Serafini ha segnato su un blog del Corriere della Sera[2] la bizzarra vicenda di una voce di Wikipedia, quella relativa alla guerra di Bicholim, combattuta – secondo quanto scritto online – tra il 1640 e il 1641 tra i portoghesi e l’impero indiano del Maratha per il controllo dell’isola di Goa, in India. Sono quelle voci che odio incontrare perché ogni volta mi viene da pensare: «Quanto sono ignorante».
Ma questa volta il mio orgoglio ne è uscito meno peggio del previsto. Nel dicembre scorso l’utente e detective di Wikipedia ShelfSkewed ha passato al setaccio la vicenda e – riferisce Serafini – ha dichiarato quanto segue: “Dopo una attenta valutazione e alcune ricerche, sono giunto alla conclusione che questa voce è una frottola, un’intelligente ed elaborata balla”. Naturalmente Wikipedia ha rimosso la voce.
«Sarà il gesto isolato di qualche buontempone» ho immaginato. Sbagliato anche stavolta. Il fenomeno è ben noto a Wikipedia e prende il nome di hoax, beffa o più comunemente bufala in italiano. É incredibile il numero di bufale, spesso ben progettate e scritte con dovizia di dettagli e perfino di riferimenti bibliografici, che si trovano su Wikipedia[3] e a cui corrisponde necessariamente un numero paragonabile di burloni (nella migliore delle ipotesi) che investono tempo ed energie ad inventarsi balle talvolta assai dure a morire.[4] Il recordman di Wikipedia è un tale Caio Flavio Antonino, presunto assassino di Cesare rimasto tale per ben 8 anni e 1 mese. Congratulazioni al fantasioso inventore!
Le bufale non si limitano a personaggi mai vissuti ed eventi mai accaduti ma tendono a contaminare tutti i campi del sapere. Una rapida passeggiata tra le pagine del Museum of Hoaxes[5] rende bene l’idea: si incontrano piantagioni di marshmallows, collutori al bacon, pesci preistorici con la testa di gallo, dolcetti al cotone e altre meraviglie simili: insomma c’è di che divertirsi.
Non per nulla esistono siti dedicati che si occupano di individuare e catalogare le bufale che popolano la rete e di smascherare alcuni dei buontemponi (o peggio) che si divertono alle nostre spalle.[6] La consultazione di queste pagine e, soprattutto, il confronto tra fonti indipendenti possono essere d’aiuto ma, nonostante tutto, resta il fatto che la rete propone molte informazioni di cui non è possibile a tutta prima determinare il grado di attendibilità. A quelle, già numerose, che precedono la nascita di internet se ne sommano di nuove, sempre più numerose e spesso realizzate a regola d’arte. Oggi, grazie alle funzioni del web 2.0, chiunque può pubblicare qualsiasi cosa sulla rete e questo ha naturalmente ha stimolato la proliferazioni di balle di ogni genere. La cosa riesce talmente facile a chi abbia un po’ di mestiere da legittimare la nascita di un ulteriore sospetto: non sarà che qualche notizia “ufficiale”, accreditata dal sistema mediatico, è in realtà munita di corna e di coda? Poiché le candidate si sprecano e spaziano dalla politica alla scienza, all’economia allo sport e potenzialmente a qualsiasi ambito del sapere, lascio al lettore di coltivare il dubbio su quella che preferisce. In ogni caso, meglio stare in guardia.
Nota dell’autore
Desidero informare i gentili lettori che sia i prossimi capitoli, sia gli altri temi di questo argomento – i robot che scrivono, le foto e i video taroccati, ecc. – sono parte di un progetto editoriale che porterà alla pubblicazione di un e-book e, se riesco a trovare un editore, anche di un volume cartaceo. Vi terrò informati circa gli sviluppi del progetto.
[1] Secondo la voce pubblicata dalla solita Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Donazione_di_Costantino) il documento, datato 30 marzo 315, “…afferma di riprodurre un editto emesso dall’imperatore romano Costantino I. Con esso, l’imperatore attribuirebbe al papa Silvestro I e ai suoi successori il primato sulle cinque chiese patriarcali (Roma, Costantinopoli, Alessandria d’Egitto, Antiochia e Gerusalemme); la sovranità del pontefice su tutti i sacerdoti del mondo e la superiorità del potere papale su quello imperiale. […] Nel 1440 l’umanista italiano Lorenzo Valla dimostrò in modo inequivocabile come la donazione fosse un falso. Lo fece in un approfondito, sebbene tumultuoso studio storico e linguistico del documento, mettendo in evidenza anacronismi e contraddizioni di contenuto e forma: in particolare, ad esempio, egli contestava la presenza di numerosi barbarismi nel latino, dunque necessariamente assai più tardo di quello utilizzato nel IV secolo. Altri errori, come la menzione di Costantinopoli, allora non ancora fondata, o di parole come feudo, erano addirittura più banali”.
[2] http://seigradi.corriere.it/2013/01/08/la-finta-guerra-in-india-che-esista-solo-su-wikipedia/; http://www.upi.com/Odd_News/2013/01/04/Hoax-article-on-Wikipedia-for-5-years/UPI-25721357358832/
[4] Di questo singolare campo della disinformazione dà conto con dovizia di informazioni il piacevole blog Il Disinformatico, realizzato da Paolo Attivissimo (come l’autore tiene a specificare, non è uno pseudonimo) che, dal 2002 a oggi, ne ha documentate oltre 350: http://attivissimo.blogspot.it/p/indice-delle-indagini-antibufala.html.
[6] TechRepublic (http://www.techrepublic.com/blog/10things/top-10-sites-to-debunk-internet-hoaxes/1719) ne elenca ben dieci, uno più agguerrito dell’altro nello smascherare leggende metropolitane, folklore, miti, voci, e disinformazione.
To what extent is what we read on the Web reliable? There was a time, not too long ago, when the phrase “It said on the television” counted as a pledge of reliability for any information. Today, the web tends to take its place (think of the use of social media in the debates between politicians and reporters) and, despite lacking much of the credibility that television gained during its phase of greatest success, it is the source to turn to for both practical questions and any kind of news. This very article is based on many sources from the Web, whose only partial guarantee of reliability stems from cross- checks. That is to say that it is good practice to critically question how true what the network offers is what the network offers.
Easy to say and hard to do: to doubt is a lot more tiring than to believe. Moreover, the area to which methodical doubt applies is so extensive that it tends to escape any systematic investigation. The issue of source reliability has always existed and does not only relate to complicated academic issues: one of the world’s most famous apocryphal documents, known as the Donation or Edict of Constantine,[1] resulted in a significant part of history from the eighth to the nineteenth century and beyond making an indelible mark on the destinies of countless people. When you say a well-told lie…
Going back to the web, if you try to explore the topic of reliability you are faced with a multitude of themes, roughly grouped into two broad categories: documents (textual or otherwise) produced by humans, which can distort reality in a more or less voluntary way, and those developed by machines according to algorithms, exposed to significant risks of misunderstanding and “stagnation” of knowledge, as we shall see later.
The first of these categories poses questions such as How can we distinguish reliable information on the net from those manipulated for partisan interests? How can we know whether topics are real or pure and simple inventions made up by some hoaxer? The second promises dilemmas worthy of a short story by Philip K. Dick: Are the items we read on the various wiki websites written by men or robots? To what extent are translations by linguistic robots reliable? For those who want to expand the horizon a little: what implications arise from entrusting information processing to machines that cannot understand their meaning?
However, we should set some limits on this survey and agree to deal with it in part and try to get the clearer picture of the complexity we have to cope with when we surf the Web. Some examples, although limited, can give an idea of how the quest for truth (well let’s forget about beauty) is now more than ever a difficult business.
Example 1: Wikipedia and the hoaxes:
The starting point of this strange trend probably has to do with the desire to impress, although in some cases real disinformation was intended.
Some time ago Marta Serafini, a Corriere della Sera[2] blogger, reported the strange story of a Wikipedia entry describing the war of Bicholim, fought between 1640 and 1641 – according to the online text – by the Portuguese and the Indian empire of Maratha for the control of the island of Goa. I hate such entries because they make me always think : «How ignorant I am».
But this time my pride suffered less than expected. Last December user and detective Wikipedia ShelfSkewed sifted through the story and – says Serafini – stated the following: “After a careful evaluation and some research, I came to the conclusion that this entry is a lie, an intelligent and elaborate hoax. “Of course, Wikipedia has removed the item.
“It will be the isolated act of some jester” I imagined. Wrong this time too. The phenomenon is well known to Wikipedia goes by the name of hoax, or falsehood (bufala in Italian). There is an amazing number of hoaxes, often well designed and written in great detail even with references, to be found on Wikipedia[3] and which necessarily correspond to a comparable number of hoaxers (at best) who invest time and energy to come up with rumours, urban legends, pseudo-sciences or April Fools’ Day events sometimes very hard to break.[4] The Wikipedia record holder is someone called Caio Flavio Antonino, alleged murderer of Caesar, who remained so for 8 years and 1 month. Congratulations to the imaginative inventor!
The hoaxes are not limited to characters who never lived and events that never took place but tend to contaminate all fields of knowledge. A quick leaf through the pages of the Museum of Hoaxes[5] gives a good idea: you will come across marshmallow plantations, bacon mouthwashes bacon, prehistoric fish with the head of a rooster, cotton candies and other similar wonders: in short, there is much to enjoy.
I think that this a satisfactory explanation to the existence of websites dedicated to dealing with identifying and cataloguing the hoaxes that populate the Web and expose some of the hoaxers who pull our legs (or worse). A consultation of these pages and, above all, a comparison of independent sources can be helpful, but despite our best effort, the Web offers a lot of information whose degree of reliability cannot at first be determined. To the wide range already available prior to the birth of the Internet, new material has been added, increasingly numerous and often carried out in a professional manner. Today, thanks to the Web 2.0 functions, anyone can publish anything on the Web and this has naturally stimulated the proliferation of tall tales of all kinds. It turns out to be so easy for those who have some know-how to legitimate a further suspicion: could it be that some “official” information, trusted by the media system, is actually equipped with horns and tail? (again, the Italian translation for hoax is “bufala”, that is to say buffalo). Since candidates abound, ranging from politics to science, economy and sport to virtually any field of knowledge, I leave the reader to cast doubt on whatever he prefers. In any case, best be on guard.
Author’s note
I wish to inform the readers that both the following chapters and the other themes of this one – writing robots, bootleg pictures and video, etc.. – are part of an editorial project which will lead to the publication of an e-book, and if I find a publisher, also a hardcover book. I will keep you informed on the progress of the project.
[1] According to Wikipedia (https://en.wikipedia.org/wiki/Donation_of_Constantine) the document, dated March 30th, 315 states that the Emperor Constantine I “…determined to bestow on the see of Peter “power, and dignity of glory, and vigour, and honour imperial”, and “supremacy as well over the four principal sees, Alexandria, Antioch, Jerusalem, and Constantinople, as also over all the churches of God in the whole earth”. For the upkeep of the church of Saint Peter and that of Saint Paul, he gave landed estates “in Judea, Greece, Asia, Thrace, Africa, Italy and the various islands”. To Sylvester and his successors he also granted imperial insignia, the tiara, and “the city of Rome, and all the provinces, places and cities of Italy and the western regions”. In 1440 the Catholic priest Lorenzo Valla in De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio proved the forgery of the document with certainty. “He did it in a thorough, although tumultuous historical and linguistic study of the document, highlighting contradictions and anachronisms of content and form: in particular, for example, he challenged the presence of many barbarisms in Latin, thus necessarily much later than the language used in the fourth century. Other errors, such as the mention of Constantinople, which had not yet established, or words as a fief, were even more trivial. “
[2] http://seigradi.corriere.it/2013/01/08/la-finta-guerra-in-india-che-esista-solo-su-wikipedia/ ; http://www.upi.com/Odd_News/2013/01/04/Hoax-article-on-Wikipedia-for-5-years/UPI-25721357358832/
[4] This unique field of misinformation is treated with a wealth of detail in the excellent blog Disinformatico, created by Paolo Attivissimo. Since 2002 he has documented over 350 hoaxes.